sabato, ottobre 19

ORFISMI E PAROLE
(per te che non hai avuto il tempo di leggere)


Non ho fiducia nella referenzialità della parola; indago sul
retroscena per trovare una chiave di lettura che non si fondi
semplicemente sulla musicalità dei suoni, o sui ghirigori dei morfemi
o sul pressappochismo dei semantemi.
La parola in sé è poca cosa, tende agguati, gira le spalle alla nobiltà
del segno, tradisce appena può, è disposta a “mal fare”.
L’ho scoperto nel mio vissuto di silenzio, sfregiato da sporadici
tentativi di “parlare”.
Ho deciso di vendicarmi violentandola, sviscerandola, sezionandola,
torturandola, “usandola”.
Devo dimostrare che essa mènte, che dice altro da sé, devo cercare
dove si nasconde la sua vera faccia e perché sia così subdola.
La parola, smascherata della sua arroganza, stimolata a “parlare”,
taglia i ponti con l’accezione contingente, dice altro iniziando un
racconto a ritroso, fino alle radici della storia.
La parola diventa evocativa, rivela ciò che il semplice ascolto, la
semplice lettura o scrittura non vedono. Essa prende a soffrire,
chiama a raccolta le creature che non sono state ascoltate, grida per
bocca loro, si contorce, fa giustizia del dolore solitario.